1995 – Roberto Guiducci – Il mito nella pittura di Vasconi
IL MITO NELLA PITTURA DI VASCONI
E’ sembrato necessario a numerosi e qualificati critici di Franco Vasconi cercare ascendenti della sua pittura nel post-impressionismo, nell’espressionismo, nel futurismo, nel surrealismo, ecc. e che alcune sue radici stessero in una serie di autori da Cézanne a Morlotti. Probabilmente diverse notazioni sono attendibili, ed anche provabili. Ma Vasconi pare andare oltre alle fonti con un procedimento chiarito acutamente da Roberto Sanesi quando sostiene che è lo “scambio di composizioni, scomposizioni e ricomposizioni contemporanee a determinare la personalità, soprattutto ora che certe preoccupazioni di racconto troppo scoperto, legato ad una sola dimensione di leggibilità, sono cadute a vantaggio di una rappresentazione più intensa delle strutture. I1 simbolo, che resta un dato di fondo del metodo espressivo di Vasconi, acquista più segrete risonanze, cosi come la luce, che prima delimitava o disegnava le masse per accentuarne l’autonomia da quello che avrebbe potuto essere definito il luogo degli avvenimenti, torna ad entrare nel meccanismo in modo diretto, essendone ormai componente essenziale”.
Tuttavia c’e, forse, anche altro oltre alle “composizioni, scomposizioni e ricomposizioni”. C’e l’occultamento. Vasconi “mostra”, anche vistosamente, per “nascondere”. Ma, al contrario di tanta pittura moderna, Vasconi nasconde una figura o più figure. Non le sfigura. Vuole provocare il disoccultamento, la rivelazione dell’immagine come sottratta in un primo momento.
E’ il lavoro del mito che racconta vicende apparentemente incomprensibili per svelare, nella interpretazione successiva o nel lento processo psicologico, i motivi profondi dell’esistenza: il come mai la vita; il perche della morte.
E dice bene, a mio avviso, Enzo Fabiani quando afferma che “ogni suo quadro, così come ogni sua scultura, è un racconto nel quale confluiscono cielo e terra, vita e sogno, amore e sgomento”. Dunque il mito. La serie dei “cavalli” mi sembra assai significativa. Tutti questi animali sono insieme: viaggio, arrivo e tentativo di evasione. Nell’erotismo. Fino al trionfo liberatorio delle Amazzoni. Ma quasi sempre i cavalli sono accoppiati in una tensione sensuale ben più forte che nei bronzi dei nuclei umani. E questi cavalli di Vasconi spiegano le ragioni dell’occultamento di un Eros molto forte e ricco di vibrazioni. Infatti, Vasconi non dipinge in modo esplicito dei nudi, ma li nasconde miticamente perché ad Eros aggiunge Dioniso, che sfugge ad ogni rappresentazione, se non per via indiretta.
Cade, cosi, a segno l’osservazione di Franco Cajani: “I1 conflitto fondamentale che alimenta la pittura di Vasconi è palese; egli è dibattuto tra la figurazione e l’astrazione per cui le sue figure, rarefatte come in una sorta di antica rappresentazione dovuta alla consueta tendenza all’ accumulo delle immagini (per citare una frase di Sanesi), rappresentano rispettivamente il sentimento razionale ed il cromatismo dinamico talvolta espressi in antitesi”.
E ancora Cajani: “Una irrefrenabile verve di dire, di narrare, di esprimere anima il subcosciente di Franco Vasconi, materializzando quelle emozioni che non sono altro che visioni inquietanti della nostra condizione umana”. O, forse, “contraddizione umana” che, infatti, ha uno dei suoi apici proprio nell’Eros: da un lato necessariamente carnale, dall’altro sublimato fino alla poesia.
Prenderei come controprova la serie di “architetture”. Qui in “contenitori” rigidi di qualsiasi ascendenza classica o gotica o barocca o espressionista moderna, sta il “contenuto”, altrimenti solo caotico, dell’onirico.
Ed il rapporto, giustamente messo in luce da Cajani, fra “astrazione” e “figurazione” si fa necessario in una dialettica fra gli opposti, come notava acutamente Alberico Sala.
Ma, nonostante la felicità, e talvolta, la facilita pittorica di Vasconi piena di “sfaccettature cromatiche” spesso vivacissime e cangianti sta, come commenta ancora Cajani, “un’angosciosa visione del mondo che ci circonda”.
E questa angoscia non riesce a trovare una via d’uscita neppure nelle numerose “Evasioni” dove pare che il caos esistenziale possa avviarsi verso una finestra luminosa. I1 “Muro” è un muro non oltrepassabile, anche se si puo tentare di guardare aldilà. Né il dipinto con il lungo titolo di: “Brancoliamo alla ricerca di scale e non ci accorgiamo che abbiamo le ali”, sembra consentire il volo.
Ed è su questo registro che mi sembra che Vasconi abbia giocato i suoi colori piu solidi ed intensi.
Robero Guiducci (1995)